Articolo pubblicato sul n° di novembre 2020 delle rivista l’Apicoltore Italiano
In una Rivista dedicata alle cure agricole, un bell’articolo di un’equipe medica, indicava le alternative naturali allo zucchero industriale (saccarosio); tanti dolcificanti ma non c’era menzione del miele. Non è infrequente che sciroppo d’acero o d’agave siano elencati tra i migliori dolcificanti naturali, sebbene la produzione di questi prodotti forse non sia così “naturale” come avviene per il miele. Tra le difficili condizioni in cui gli Apicoltori si trovano a lavorare per le produzioni dei mieli, si aggiungono così pareti ardue da superare come il “silenzio” sulle riviste. Ciò è ancora amplificato per altri prodotti apistici molto interessanti come propoli, polline e pappa reale, senza per altro dimenticarsi del veleno d’ape e della cera.
Prendiamo in esame qualche recente ricerca scientifica e osserviamo alcune affermazioni contenute: nello schema qui riportato, all’interno di una ricerca appena pubblicata (1), sono analizzati i prodotti apistici per i potenziali effetti antivirali. In tempo di COVID-19 sembrerebbe utile sapere che è in atto un trial con dosaggio di miele, in pazienti COVID, di 1g per chilo di peso corporeo nelle 24 ore (somministrato 2-3 volte nell’arco della giornata). Un’altra sperimentazione prevede invece l’impiego della propoli (400-800ml di propoli verde basiliana); per i risultati occorrerà ancora attendere, ma facciamoci una domanda: si sarebbero avviate queste sperimentazioni se non vi fossero motivazioni concrete per il raggiungimento di validi obiettivi antivirali?
Perfino il polline è considerato un prodotto apistico con possibili attività antivirali: nello stesso lavoro scientifico di cui sopra (1), la presenza della quercitina e del kaempferolo, due composti fenolici molto presenti nel polline, potrebbe spiegarne la capacità d’azione nella profilassi antivirale. Che il miele ci sorprenda ancora con le nuove analisi chimiche destinate a discriminare le sue origini botaniche e geografiche (2) è stupendo: elementi di terre rare (ittrio, lantanio, cerio ecc.) e tracce di elementi poco diffusi in natura (litio, manganese, cobalto ecc.) ci permettono di considerarlo un prodotto naturale ancora da comprendere appieno… e non si tratta di inquinanti.
Tra i lettori di questo articolo ci sarà qualcuno che avrà usato il tofu di soia, non fosse altro per provarlo quale sostituto della fettina di carne, ebbene, grazie all’interesse di studiosi giapponesi per questo alimento esotico e alla loro esperienza con mieli di varia origine (3), si potrebbe, in un prossimo futuro, ottenere un ottimo tofu impiegando il miele come sostanza coagulante il latte di soia. Infatti la presenza di acido gluconico favorisce la precipitazione delle proteine presenti nel latte di soia. Sembra che più sia concentrato l’acido più sia favorita la coagulazione, aggiungendo al tofu un sapore dolce e una texture (cioè la consistenza e la grana) del tutto innovative (l’immagine è tratta dal loro lavoro). Il bello è che giocando con diversi mieli, i loro sapori e la loro acidità più o meno accentuata, si potrebbero avere tofu differenti, diversamente dall’impiego con sostanze puramente chimiche. Meraviglia della complessità della Natura.
Tra le tante ricerche anche sul miele del gruppo italo-spagnolo coordinato dal professor Battino, colpisce la recente sperimentazione del miele di manuka su colture cellulari di carcinoma intestinale (colonrettale): le analisi condotte hanno mostrato che il volume delle masse tumorali tende a ridursi (4). La presenza della crisina nel miele, come anche nella propoli, è stata studiata per le sue capacità antitumorali (5). Questa molecola, un flavonoide di origine vegetale, ha mostrato la sua efficacia in vitro (vale a dire su tessuti sperimentali) nell’inibizione di un enzima (aromatasi) che è particolarmente presente nei tumori del seno. La crisina ha anche altre caratteristiche notevoli: è un potente antiossidante e per questa motivazione è un utile strumento per combattere i famosi radicali liberi. Chissà poi se un produttore di miele vorrà sperimentare le sue api in campi di goji, bacca dalle potenzialità anti-radicali liberi molto nota.
Il settore della ricerca sulle proprietà del miele è ormai molto ampio. Zone geografiche che si sarebbero dette poco promettenti per la produzione di miele, come l’Etiopia (6), si sono incamminate su questa strada poiché il miele è una risorsa alimentare e medicamentosa a buon prezzo. Considerato che alcuni esperimenti sono stati condotti su colture cellulari o animali (7), risalta che l’efficacia non è riconducibile all’effetto placebo (autoconvincimento della bontà di una certa cura). Il miele di manuka riesce a svolgere la sua azione antibatterica verso uno Stafilococco che, da essere commensale e normalmente presente sulla pelle, diviene talvolta patogeno per gli animali da compagnia (cani in particolare) quando essi passano sotto i ferri chirurgici. Questo batterio può infettare anche il suo custode umano; ultimamente questo batterio sembra essere diventato particolarmente resistente ai più comuni antibiotici. Il miele di manuka ha esibito la capacità di agire come batteriostatico nei suoi confronti con bassa presenza di batteri e di integrarsi con gli antibiotici per i casi più ardui, contribuendo positivamente alla soluzione dell’infezione.
Ma certo i mieli, per essere degni dell’attenzione dei Consumatori, devono essere genuini. Desidero quindi segnalare la sempre maggiore attenzione dei laboratori di ricerca internazionali verso le analisi dei mieli adulterati attraverso i cosiddetti Composti Organici Volatili (VOC nei lavori scientifici). Questi composti sono quelle molecole che apprezziamo quando, durante i nostri lavori nelle arnie, o nelle fasi di smielatura, o aprendo il vasetto di miele, ci colpiscono l’olfatto. Ad oggi ne sono state riconosciute più di 600 (8).
È un vero peccato che a livello europeo Portogallo, Spagna e Francia (8) abbiano raggiunto il maggior numero di mieli registrati come protetti (IGP e DOP). In Italia per l’apicoltore serio, grande cura è il preservare queste doti naturali dei mieli. Indubbiamente taluni dolcificanti naturali sono aromatici, ma certi mieli sono imbattibili! E forse in questi composti organici volatili si nascondono quelle sostanze che donano agli apicoltori una maggiore resistenza agli agenti patogeni. Mi auguro questo sia il miglior viatico per un autunno non certo facile, ma che permetta di superare meglio le sfide future. Inclusa la “labile” memoria della dolce naturalezza del miele.
BIBLIOGRAFIA
- W. L. Lima, J. C.M. Brito, W. S. da Cruz Nizer “Bee products as a source of promising therapeutic and chemoprophylaxis against COVID19(SARS-CoV-2)” Phytoth. Res. 2020
- S. A. Drivelos et Al. “Geographical origin and botanical type honey authentication through elemental metabolomics via chemometrics”Food Chem. 2020
- Yasuhiro Arii Kaho Nishizawa “Honey-mediated aggregation of soymilk proteins” Helyon 2020
- D. Cenciosi et Al “Phenolic compounds from Mediterranean foods as nutraceutical tools for the prevention of cancer: The effect of honey polyphenols on colorectal cancer ste-like cells from spheroids” Food Chem. 2020
- Farinaz Hosseini Balam et Al. “Inhibitory effetc of Chrysin on estrogen biosynthesis by suppression of enzyme aromatase (CYP19): A systematic review” CellPress 2020
- Nuru Adgaba et Al. “Physico-chemical, antioxidant and anti-microbial properties of some Ethiopian mono-floral honeys” Saudi J. of Biol. Sc.2020
- H. L. Brown et Al. “Antibacterial and anti-virulance activity of manuka honey against genetically diverse Staphylococcus pseudintermedius “ Appl. Envirom. Microbiol 2020
A. M. Machado et Al “ Honey Volatiles as a Fingerprint for Botanical Origin- A Review on their Occurrence on Monofloral Honeys” Molecules 2020.
a cura del dr. Pietro Paolo Milella