Articolo pubblicato il mese di agosto sulla rivista “Il Melo”.

Una sera di qualche giorno fa mi è capitato di scorgere nel prato un’ape in difficoltà. Non sembrava ferita, poggiava su un petalo di una zinia arancione rimanendo immobile, sembrava addormentata. Le offrii su una foglia di tarassaco una goccia di acqua e miele, lei succhiò subito avidamente il piccolo pasto e in pochi minuti la vidi riprendere vita e alzarsi in volo.

Mentre la vedevo allontanarsi pensavo all’alveare a cui lei farà ritorno, alle api guardiane che la accoglieranno all’ingresso del predellino dell’arnia e, riconoscendola come una parte della comunità, la faranno entrare per ricongiungersi alle altre api bottinatrici, che come lei avranno passato un’intensa giornata a raccogliere nettare e polline per sostenere la loro grande famiglia, al cui vertice sta la regina. Questa intensa attività di lavoro delle api offre, allo stesso tempo, sia la creazione di numerosi e benefici prodotti dell’alveare, sia un fondamentale servizio di impollinazione. Parlare di api non significa parlare solo di miele, significa parlare di ecologia, di tutela dell’ambiente, di conservazione della biodiversità, di equilibri naturali, di produzione di alimenti di cui ci nutriamo, di vita insomma. Basti pensare che un boccone su tre del cibo che mangiamo è stato prodotto proprio grazie all’impollinazione, come ricorda Claire Kremen, uno degli autori dello studio internazionale pubblicato sul “Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences”. Un’altra autrice dello stesso studio riporta come in Brasile, i frutti della passione vengano impollinati a mano da braccianti giornalieri molto costosi, a seguito della perdita degli impollinatori naturali, le api legnaiole, a causa dell’impiego intensivo di insetticidi sui campi coltivati e della distruzione degli habitat naturali. Ed è in questa ottica che nascono i progetti a difesa dell’Apis mellifera (Linnaeus, 1758) e a tutela della biodiversità delle sottospecie autoctone italiane, come si legge nella “Carta di San Michele all’Adige” del 12 giugno 2018. Questo documento è molto importante per farci riflettere e permettere di intraprendere azioni dirette alla salvaguardia degli ecosistemi naturali grazie anche a scelte mirate proprio da parte degli apicoltori, che svolgono un lavoro così rilevante e fondamentale per garantire il benessere delle nostre api.

Sono diversi i prodotti dell’alveare con cui possiamo curare i nostri animali, il più conosciuto è sicuramente il miele, ma non dobbiamo dimenticarci della propoli, della pappa reale, del pane d’api, del polline, della cera e del veleno d’ape, anch’esso benefico se somministrato nella maniera corretta. L’utilizzo di tali sostanze per il trattamento delle diverse patologie prende il nome di apiterapia, un particolare tipo di intervento di cura che si inserisce in una visione olistica dell’individuo, considerando cioè il benessere dell’individuo nel suo complesso, formato da mente, anima e corpo. Eʼ una forma di medicina naturale che può curare diverse problematiche, anche integrando terapie convenzionali, accelerando i processi di guarigione e ripresa.

Il miele viene prodotto dalle api a partire dal nettare e dalla melata attraverso un elaborato processo di trasformazione, arricchimento con sostanze specifiche proprie e maturazione nei favi dell’alveare. È stato utilizzato fin dall’antichità per le sue molteplici proprietà e non a caso, secondo la mitologia greca, era considerato il nettare degli Dei. La definizione di miele come soluzione sovrasatura di zuccheri, rappresentati in particolare da glucosio e fruttosio, con una percentuale di acqua variabile dal 16-18%, in cui ritroviamo disciolte proteine, vitamine, acidi organici e sali, non rende giustizia della complessità di questa sostanza in cui ritroviamo più di trecento composti differenti, che giocano dei ruoli importanti nel definirne le proprietà curative e benefiche. Ma il miele non è tutto uguale, basta scambiare due parole con gli apicoltori locali per capire il valore del loro prodotto e la differenza con altri più a buon mercato, che ad un consumatore non informato potrebbero sembrare più vantaggiosi. Con l’apiterapia possiamo curare tutte le specie di animali e i suoi utilizzi sono i più diversi. L’azione più nota del miele è quella cicatrizzante delle ferite, grazie alle sue proprietà antibatteriche, antisettiche e antinfiammatorie. Oltre all’azione antibiotica, il miele contrasta anche lo sviluppo di parassiti, funghi e virus. La sua utilità si ritrova anche nel trattamento di dermatiti, otiti, congiuntiviti, infezioni del cavo orale o alitosi, problemi di stipsi. È un alimento energizzante che può essere somministrato alle giuste dosi ad animali sportivi, anziani o debilitati; ha azione protettiva nei confronti del fegato e dello stomaco. Sulla tosse ha un effetto sedativo ed è lenitivo sul mal di gola; è possibile anche effettuare un aerosol con il miele per la sua azione mucolitica, espettorante, antinfiammatoria e antibiotica. Ricordo tra tutti il caso di Billy, un bellissimo micio europeo, che aveva sviluppato una congiuntivite con lesione corneale a seguito di una lite con un altro gatto, a cui avevo applicato un collirio formulato ad hoc a base di fisiologica e miele e instillato localmente tre volte al giorno, guarito in pochi giorni. Un altro bel successo ottenuto con la farmacia delle api.

E sulla propoli che dire­? E la pappa reale, il polline, il veleno, ma anche il beehumming, l’aromaterapia, l’apicoltura didattica.. il mondo delle api è come una strada sconfinata, da percorrere un passo alla volta.

a cura della dr.ssa Federica Bonadiman, medico veterinario, consulente di apiterapia